lunedì 29 febbraio 2016

Come Prevenire i Danni da Gelate Primaverili sugli Alberi da Frutto ?

Le gelate primaverili o brinate tardive hanno, sulle piante da frutto, effetti ben diversi rispetto alle gelate che si possono verificare in pieno inverno.

  • Come è possibile proteggere le piante ed i fiori dalle gelate primaverili? 
  • Che danni possono arrecare le gelate tardive alle produzioni fruttifere? 
  • Come si possono ridurre i danni da brinate primaverili sulle piante da frutto?
  • Quali sono le specie più a rischio? Quali sono le temperature soglia?

Per rispondere a queste domande dobbiamo prima chiarire quale sia la differenza tra gelo primaverile e gelo invernale
Avevamo già visto, (leggi  qua), che alcune piante possono attuare una serie di meccanismi volti a renderle resistenti al freddo invernale. Uno dei meccanismi più classici è quello di perdere le foglie, le piante decidue, infatti, eliminano le foglie che, essendo ricche di acqua, sono più soggette a danni da gelo rispetto ad altri organi. Una pianta da frutto decidua, come potrebbe essere un Albicocco, può resistere a gelate invernali ben inferiori ai -15°C (5°F), tuttavia i suoi germogli e fiori, essendo ricchi di acqua, possono disidratarsi, morire e cadere con temperature ben più elevate
Pare evidente che la soglia di gelo che una pianta può sopportare, senza subire danni, dipende dal proprio stadio fenologico che, ovviamente, è ben diverso in inverno, rispetto alla primavera.

Frutti con danni da gelo tardivoAvevamo visto che il clima della primavera è particolarmente variabile e può alternare momenti caldi ad altrettanti freddi. Uno dei grossi problemi attribuibili al surriscaldamento globale è la precocità con cui si manifesta la primavera; in febbraio il Sole può iniziare a scaldare e, se l'aria presente sopra di noi è mite, può trarre in inganno le nostre piante da frutto.
Per molte Drupacee sono sufficienti pochi giorni con temperature massime prossime ai 20°C (68°F) per fare sbocciare i teneri fiori; questi sono sensibili ai ritorni di freddo e, se danneggiati, non potranno "trasformarsi" in frutti. Anche i frutticini appena allegati sono molto poco resistenti al gelo e, quindi, da quando inizia la fioritura, fino alla maturazione dei frutti, ogni gelata rappresenta un grosso rischio.


Ogni specie inizia il germogliamento in epoche diverse, piante come Albicocchi e Mandorli sono tra i più precoci a fiorire, mentre Meli e Peri sono tra gli ultimi a fiorire. Altre piante, come i Kiwi o i Kaki, pur fiorendo in Maggio, germogliano ben prima ed i teneri germogli, che formeranno poi i fiori, sono altrettanto danneggiabili dalle gelate primaverili.
Alcune specie, come ad esempio il Mirtillo Siberiano, hanno evoluto fiori in grado di sopravvivere a forti gelate, ma queste specie sono assai rare.


Ma Cosa Succede ad un Fiore dopo una Gelida Nottata?


Fiori danneggiati dal geloLe notti a rischio di brinata primaverile sono quelle in cui il cielo è sereno e vi è assenza di vento, questo determina un forte irraggiamento notturno che, in zone soggette ad inversioni termiche, può portare le temperature minime sotto gli 0°C (32°F). Più raramente, si possono registrare anche gelate a seguito di avvezioni di aria particolarmente fredda, ma questo tipo di gelate è più consono alla stagione invernale. A seconda dell'entità del gelo avremo un danno su una certa percentuale di fiori, differenze possono riscontrarsi anche tra fiori ancora chiusi e quelli che hanno già perso i petali (un certa scalarità di fioritura è sempre presente). Un fiore (o un frutticino) danneggiato si presenta con un aspetto "raggrinzito" ed un colore bruno-nerastro, se osserviamo attentamente vediamo una necrosi diffusa che, se raggiunge l'embrione del "futuro" frutto, ne determina la cascola.


Quali Sono le Temperature Soglia di Danno, in Base allo Stadio Fenologico e alla Specie di Pianta da Frutto ?


Fiori, frutticini e germogli di specie diverse hanno diversa resistenza alle gelate primaverili; inoltre la resistenza al gelo dipende anche dallo stadio di sviluppo (gemma gonfia, fiore chiuso, fiore aperto, frutticino allegato etc..).
Nella prossima tabella riassumerò le soglie limite per le specie fruttifere più comuni, in base allo stadio fenologico. Verranno indicate tre soglie, una corrisponderà alla temperatura sopra la quale non si avranno danni significativi, la seconda indicherà la temperatura a cui si avrà una perdita di produzione pari al 10%, ed infine quella a cui corrisponderà una perdita del 90%.
Le temperature, espresse in gradi centigradi, sono da intendersi registrate da un termometro a bulbo umido posto ad un'altezza di circa 2 metri. (Ricordo che l'aria a stretto contatto col suolo è più fredda di quella posta a 2 metri, quindi, con lievi gelate, i danni maggiori saranno nella parte bassa della chioma).


Pianta
Specie
Stadio Fenologico
No Danno
Danno 10%
Danno 90%
Albicocco 
Prunus armeniaca
Gemme Rigonfie
-5
-5.5
-14.5
Bottoni Rosa
-4
-5
-10
Fioritura
-2.5
-3
-6
Caduta Petali
-1
-2.5
-4.5
Frutticini
-1
-2
-3.5
Pesco
Prunus persica
Gemme Rigonfie
-4
-7
-16
Bottoni Rosa
-3
-4
-7
Fioritura
-2
-2.5
-4
Caduta Petali
-1.5
-2
-3.5
Frutticini
-1
-2
-3
Melo
Malus domestica
Rottura Gemme
-4
-7
-14
Orecchiette di Topo
-2
-3
-7
Mazzetti Divaricati
-2
-2.5
-5
Fioritura
-1.5
-2
-3.5
Frutticini
-1
-2
-3
Pero
Pyrus communis
Rottura Gemme
-8
-9.5
-15
Punte Verdi
-6
-7
-12
Fioritura
-2
-2.5
-4
Caduta Petali
-1.5
-2
-3.5
Frutticini
-1.5
-2
-3.5
Susino
Prunus domestica
Gemme Rigonfie
-5
-8
-13
Bottoni Bianchi
-3
-4
-6
Fioritura
-2
-2.5
-5
Caduta Petali
-1
-2
-4
Frutticini
-0.5
-2
-3
Ciliegio
Prunus avium
Gemme Rigonfie
/
-10
-15
Bottoni Visibili
/
-3
-6
Bottoni Separati
/
-2.5
-5
Fioritura
/
-2.5
-3.5
Frutticini
/
-2
-3
Vite
Vitis vinifera
Gemme Cotonose
/
-10
-18
Gemme Verdi
/
-6
-12
Gemme Aperte
/
-3.5
-8
Prima Foglia
/
-2.5
-5.5
Grappoli Fiorali
/
-1.5
-2.5
Kiwi
Actinidia chinensis
Rottura Gemme
-3
-4
-6
Germogliamento
-2
-3
-4.5
Foglie Aperte
-0.5
-2
-3
Bottoni Fiorali
-0.5
-1
-2
Fioritura
0
<0
<0


Dalla tabella si può notare come specie che fioriscono precocemente (Albicocchi e Susini), abbiano fiori più resistenti alle brinate tardive rispetto a specie più tardive (Meli, Peri, Ciliegi). Inoltre si può notare la scarsissima resistenza dei Kiwi, per esperienza diretta posso garantire che, anche con lievi gelate, le foglie diventano della stessa consistenza del tabacco e cadono da lì a poco.

Infine dobbiamo considerare questa tabella come indicativa, bisogna tener conto anche della durata, ad esempio una gelata che dura dalle prime ore del tramonto può essere più dannosa di una gelata più intensa della durata di una paio d'ore prima del sorgere del sole. Un altro fattore importante è la velocità di disgelo, più questo è brusco più il danno sarà consistente; una pianta ombreggiata nelle prime ore della giornata subirà meno danni di una esposta al sole sin dall'alba.


Come Difendere le Piante da Frutto dalle Gelate Tardive?

Danni da gelate tardiveSe il terreno è ampio e presenta microclimi differenti, potremmo mettere le specie che fioriscono prima (ad es. Albicocchi), in posizioni più riparate, come zone sopraelevate o un pendio esposto a Sud.
Inoltre una scelta oculata della cultivar, privilegiando una varietà a fioritura tardiva, potrebbe dimostrarsi la scelta vincente. Basta che un albicocco fiorisca una settimana dopo per salvare la produzione, qualora ci fosse una forte gelata proprio in quella settimana. In ultimo, la terra bagnata, può limitare la perdita di calore dal terreno per irraggiamento notturno più di quanto non faccia un terreno secco, quindi, in previsione di una brinata primaverile, può essere utile irrigare abbondantemente l'impianto. Tutte quelle sopraelencate sono Difese Passive, ovvero tecniche atte a ridurre al minimo la possibilità che si verifichi una gelata tardiva, in un periodo in cui, le piante da frutto, sono già in fase vegetativa (Fioritura o conseguente).
Con costi maggiori, difficilmente giustificabili dall'hobbista, si possono prevenire i danni anche tramite Difese Attive, ovvero con tecniche che limitano i danni quando una gelata tardiva si verifica. Tutte queste difese, diversamente da alcuni tipi di protezione invernale, richiedono dispendio di energia e devono essere messe in atto solo quando vi è la concreta possibilità di brinate primaverili, ecco le principali:

  • Irrigazione Antibrina : questa tecnica sfrutta il fatto che l'acqua, passando dallo stato liquido a quello solido, sprigiona energia termica. L'acqua, ghiacciando, libera quindi calore che impedisce un ulteriore raffreddamento. L'acqua irrorata si deposita sui fiori, congelandosi riscalda l'aria circostante mantenendo una temperatura prossima al punto di congelamento (circa 0°C), quando quella dell'aria è, magari, di -6°C. Come abbiamo visto poco sopra, temperature di 0°C non comportano quasi mai una sostanziale perdita di produzione.
  • Candele Antigelo : Si tratta di collocare un certo numero di lampadine in prossimità della base delle piante, il calore sprigionato, salendo verso l'alto, riscalda l'aria ed impedisce gelate per irraggiamento notturno, quando le temperature sono nell'ordine dei -4°/-5°C. Questa tecnica è utilizzabile solo in assenza di vento e per le gelate da irraggiamento, non è quindi utile per avvezioni di aria gelida.
  • Ventilatori : In condizioni di inversione termica l'aria fredda si deposita nei bassi strati, mentre quella calda sale verso l'alto. Questa tecnica utilizza degli enormi ventilatori allo scopo di "rimescolare" gli strati d'aria e non permettere l'instaurarsi dell'inversione termica, con conseguente formazione di brina nei primi 3-4 metri dal suolo. Come la precedente, questa tecnica è inutile per gelate da avvezione. 


Brinata tardiva Foglie Kiwi

Foglie Kiwi Arguta Danneggiate dal Gelo

sabato 20 febbraio 2016

Chamaedorea elegans, la Palma Nana da Appartamento

E' possibile coltivare una palma dentro casa? Ci sono varietà adatte al clima d'appartamento?

Ebbene, tra le moltissime palme, alcune possono farcela, tra di loro una delle più note è certamente la Chamaedorea elegans, conosciuta anche come Palma nana o Neanthe Bella o ancora Palma della Fortuna.

Molte Palme sono di origine tropicale e quindi particolarmente sensibili al freddo, tuttavia, pur non potendo restare all'aperto, non è detto che reggano il clima secco, privo di escursioni termiche e poco luminoso  che vi è all'interno di un'abitazione.

La Chamaedorea elegans, oltre a crescere bene in vaso e a rimanere piccola, si può invece adattare a questo ambiente e diventare un'ottima pianta da appartamento.

Chamaedorea elegans Liguria

Chamaedorea elegans




Premessa :

Molte delle oltre 100 specie di palme del genere Chamaedorea (in italiano Camedorea) si prestano ad essere coltivate in casa. Il nome stesso deriva dalla parola greca "chamai" (nano) e da "dory" (albero), ovvero "Palme Nane", nome dato in merito del fatto che molte delle sue specie sono di dimensioni assai contenute.
Acune sono particolari, come la Chamaedorea metallica, le cui fronde delle foglie rimangono unite ed hanno un colore verde "metallico", o la Chamaedorea tuerckheimii che raggiunge a stento il mezzo metro d'altezza.
Nelle prossime righe parlerò della Chamaedorea elegans, probabilmente la più diffusa come pianta ornamentale da appartamento, tuttavia molte informazioni sulla sua coltivazione potrebbero essere applicate anche ad altre specie dello stesso genere.


Origine e Diffusione :

Chamaedorea elegans è una pianta appartenente alla famiglia delle Arecaceae (o Palmacea), la cui origine è da ricercarsi nella zona compresa tra il Messico meridionale e Guatemala.
Il suo habitat nativo è rappresentato dalle dense foreste pluviali tropicali del Centro America fino ad un'altitudine di 1500 m (4900 ft), dove cresce come pianta da sottobosco, al di sotto degli imponenti alberi che compongono questi boschi.
In Italia è diffusa la varietà "Bella", la quale ha un portamento più compatto ed una crescita più lenta, rispetto alla specie tipo.


Botanica e Fisiologia :

Fiori Chamaedorea elegansLa Palma in questione, in natura, cresce fino ad un'altezza di circa 3 metri (10 ft). Più palme si possono sviluppare nelle immediate vicinanze, dando al tutto un aspetto "cespuglioso", inoltre la specie ha una discreta capacità di emettere polloni dalle radici. Il tronco è esile e su di esso sono osservabili le cicatrici lasciate dalla caduta delle foglie, le infiorescenze contengono numerosi fiori color giallo; fiori maschili e femminili sono presenti su piante diverse (specie Dioica). La Chamaedorea elegans fiorisce, in natura, tra Maggio e Ottobre, mentre in Italia, se tenuta in appartamento, fiorisce poco e nel periodo invernale. Le foglie della Camedorea possono sfiorare il metro (3,3 ft) di lunghezza e sono composte da numerose foglioline lunghe sino a 10 cm (0,33 ft).


Coltivazione, Clima, Esposizione e Cure :

Chamaedorea elegans è una palma che non resiste al gelo, in Italia può essere coltivata all'aperto solo nelle zone più riparate della Sicilia, Calabria e Liguria e, per essere sicuri che non muoia, non la si dovrebbe piantare in zone USDA inferiori a 10a, tuttavia in queste zone saranno indispensabili luoghi al riparo dai diretti raggi solari e frequenti innaffiature estive.
L'esposizione deve essere ombreggiata, gradisce luminosità, ma il Sole diretto, specie in piante non acclimatate, può causare la bruciatura delle tenere foglie, inoltre non ama temperature troppo elevate. In compenso è piuttosto tollerante agli ambienti secchi (tipici degli interni abitativi) e le radici sopportano i ristagni idrici. La temperatura ideale per lo sviluppo è compresa tra 18°C e 24° C (65-75°F), senza grosse fluttuazioni giornaliere e stagionali.
Tutte queste condizioni (temperatura, umidità e luce) sono tipiche di un ambiente interno, rendendo questa palma un'ottima pianta ornamentale da interni.
Chamaedorea elegans è così a suo agio a crescere in vaso che può sopravvivere per decenni, in vasi relativamente poco capienti, mantenendo un aspetto sano anche in terreni poveri di nutrienti.
Ora, la prossima volta che andrete dal dentista, dal medico o in qualche studio legale, date un occhio alle piante nella sala d'attesa, probabilmente vi troverete anche questa.

Camadorea

Tronco Camadorea

Chamaedorea elegans selvaggia







giovedì 11 febbraio 2016

Come Coltivare la Mimosa dai Fiori Gialli (Acacia dealbata)

La Mimosa è nota prevalentemente come simbolo della Festa della Donna; l'8 Marzo, infatti, è consuetudine omaggiare il gentil sesso con mazzetti di fiori di Mimosa

Qual è l'albero della Mimosa? Dove è possibile crescere l'Acacia dealbata? La pianta della Mimosa resiste al gelo?

Col termine "Mimosa" ci si riferisce alle piante appartenenti al genere Acacia, che annovera al suo interno diverse specie, che differiscono per rusticità ed epoca di fioritura, nonché per forma e dimensione dei fiori.
Solitamente, quando parliamo di Mimose, facciamo riferimento alla specie Acacia dealbata, questa, infatti, è tra le specie più adatte al clima italiano, nonché quella che fiorisce in corrispondenza della festa della donna. 

Pianta Mimosa




Origine e Diffusione:

La Mimosa (Acacia dealbata) appartiene alle Fabaceae, volgarmente chiamata famiglia delle Leguminose, la stessa dei Fagioli e delle Fave.
Le origini della Mimosa sono da ricercarsi nel continente Australiano ed, in particolare, nell'isola Tasmania, situata a Sud dell'Australia e nota ai più per il celeberrimo Diavoletto della Tasmania (Sarcophilus harrisii).
A partire dal 1800 fu introdotta in Europa, dove è ora naturalizzata in diverse zone temperate calde come la Costa Azzurra, da dove si è poi espansa nella vicina Liguria.
La mimosa, in Italia, è storicamente presente in Riviera, così come sul Litorale Toscano ma, oggigiorno, è diffusa come pianta ornamentale su tutta la fascia costiera e, a macchia di leopardo, anche nelle zone interne con microclima favorevole.


Botanica e Fisiologia:

La Mimosa è una pianta sempreverde dotata di una crescita esplosiva che, nei climi a lei particolarmente congeniali, le permette di diventare quasi infestante. Cresce su un unico tronco, talvolta su più fusti e, nelle zone di origine umide, può raggiungere un'altezza di 30 metri (98 ft).
Fiori di MimosaLa chioma della Acacia dealbata ha un aspetto disordinato ed è espansa, ma non particolarmente folta e, soprattutto in esemplari vecchi, assume una forma "ad ombrello".
Foglie di mimosaLe foglie di Mimosa sono bipennate, di lunghezza variabile, al massimo fino 15 cm (6 in) e larghe circa 10 cm (4 in); ogni foglia è composta da 10-20 paia di pinnule disposte perpendicolarmente rispetto al rametto da cui dipartono; ogni pinnula è a sua volta divisa in 20-30 foglioline disposte a 90° rispetto alla nervatura centrale. Le foglie dell'Acacia dealbata, se appena emesse, hanno un colore verde chiaro, mentre le foglie adulte hanno un colore verde che tende al grigio o bluastro, colore simile a quello della Palma Blu del Messico (Brahea armata). I Fiori della Mimosa sono indubbiamente la parte più conosciuta ed apprezzata dell'intera pianta; le infiorescenze sono riunite in racemi che solitamente si estendono dall'ascella fogliare. I fiori sono capolini globosi a forma sferica di circa  mezzo centimetro di diametro (0,2 in), hanno un aspetto piumoso ed un odore molto intenso ed inebriante; ogni fiore è formato da innumerevoli stami di color giallo limone.
La fioritura della Mimosa è particolarmente copiosa, tanto che le mimose in fiore hanno un aspetto giallo, più che verde. In Italia fiorisce, a seconda del clima e dell'esposizione, tra Gennaio e fine Marzo, ma i fiori non sbocciano tutti contemporaneamente e durano diverso tempo, quindi non è un problema trovarli l'8 Marzo.
E' importante ricordare che i boccioli floreali sono presenti già da fine estate, tuttavia impiegano diversi mesi per "gonfiarsi", sino ad avere l'aspetto che tutti noi conosciamo.
I frutti della Mimosa sono dei baccelli (legumi) appiattiti, color brunastro, che contengono circa una decina di semi.


Coltivazione, Esposizione, Clima, Cure e Terreno:

La Mimosa è una pianta che in natura prospera in boschi umidi, così come in foreste xerofile ad un'altitudine compresa tra i 200 m ed i 1000 m a seconda della latitudine e lontananza dal mare.
Frutto MimosaAcacia dealbata, pur gradendo terreni acidi e drenanti, mostra una buona adattabilità e prospera anche in terreni neutri, tuttavia, se innestata su Acacia retinodes, è possibile coltivarla anche in terreni alcalini. La mimosa è una specie pioniera ed è tra le prime ad insidiarsi dopo gli incendi; pur preferendo terreni umidi, riesce a vivere anche in quelli aridi, poveri e sassosi, dove però ha uno sviluppo più contenuto. L'Acacia dealbata è una specie dotata di buona resistenza alla siccità ed, in Italia, si può sviluppare anche senza irrigazioni, le quali sono necessarie solo per piante coltivate in vaso od appena trapiantate in piena terra. Anche le concimazioni sono superflue e, nei comuni terreni da orto e da giardino, le mimose sono molto vigorose anche senza l'aggiunta di concimi o nutrienti.

La mimosa ama un'esposizione soleggiata (almeno mezza giornata di sole diretto) e al riparo dai venti, infatti la ritroviamo frequentemente "selvaggia" su pendii scoscesi esposti a mezzogiorno. La mimosa è sensibile al gelo intenso e patisce gli inverni lunghi e con picchi di freddo inferiori ai -8°C (18°F), questo non vuol dire che, da adulta, non possa sopravvivere a brevi periodi con punte di -10°-11°C (14-12°F), purché siano circoscritti, rari ed accompagnati da temperature massime sopra gli zero gradi. La rusticità di questa specie è inferiore a quella dell'Olivo e, diversamente da quest'ultimo, si riprende con maggiore fatica da un defogliamento; inoltre la neve induce intense sollecitazioni meccaniche agli esili rami.
Il clima ideale per la coltivazione dell'Acacia dealbata è quello Mediterraneo caldo, la specie, infatti, è particolarmente resistente alla siccità, non a caso, nel suo areale di origine, sopravvive anche in zone aride.
La potatura della Mimosa deve essere fatta ogni anno, la chioma tende ad essere molto disordinata, con rami che si intrecciano e con un portamento assurgente. Inoltre bisogna eliminare i polloni che, in questa specie, sono abbastanza frequenti. Da quel che ho potuto osservare la mimosa regge potature anche piuttosto severe senza compromettere più di tanto la fioritura.


Riproduzione:

La Mimosa si può riprodurre in diversi modi, in primis tramite innesto, il che velocizza l'entrata nella fase fiorifera. Molto diffusa è anche la semina, i semi devono però essere scarificati per una sicura germinazione, per fare questo può essere sufficiente lasciarli in acqua bollente per circa 45 secondi.
La semina va effettuata in primavera (Marzo-Aprile), affinché la piantina possa usufruire di tutta la bella stagione per irrobustirsi, prima dell'arrivo dei rigori invernali.
Questa pianta è riprodotta anche per talea o per margotta, sebbene i rami di questa specie fatichino più di altri a radicare.

Infiorescenze di mimosa

Acacia dealbata flowers

Silver wattle

























Foglia-mimosa